"The end of the world as we know it"

« Nella fase finale del ventesimo secolo abbiamo avuto l'opportunità, prima accessibile solo attraverso la teologia o la finzione narrativa, di vedere oltre la fine della nostra civiltà, di scorgere, in una strana sorta di retrospettiva prospettica, come si presenterebbe la fine: come un campo di sterminio nazista, o un'esplosione atomica, o una wasteland ecologica o urbana. E se siamo stati in grado di vedere queste cose è solo perché esse sono già accadute. »

Il mio amore per le ambientazioni post-apocalisse/post-disastro, ove un qualche tragico accadimento abbia reso l'umanità impotente, ridando alla natura e al puro spirito di sopravvivenza animalesco dell'uomo il posto di leadership nel mondo, è arcinoto a chi mi conosce, non fosse altro perché quando vengo a conoscenza di qualsivoglia opera che permetta di osservare o di mettersi negli scomodi panni di un sopravvissuto gli occhi mi brillano come ad un bambino cui venga donato un nuovo giocattolo. 
Non so per quale motivo, ma sono stranamente attratto dal capire come si potrebbe reagire in una situazione così estrema, in cui tutto ciò cui si è abituati viene brutalmente spazzato via.


(NOTA: non parlo dei film di Roland Emmerich, sia chiaro. Quelli sono vergognosi, non sono post-apocalittici, solo catastrofici. Fanno schifo e basta.)

Il post-apocalittico è un genere po' in bilico, ancora in cerca di uno sdoganamento, tra chi ancora considera la fantascienza un genere immaturo e le trashate horror-like che ne possono scaturire. Pur con questi limiti, opere come "La Strada" di Cormack McCarthy (Premio Pulitzer nel 2007), "La peste scarlatta" di Jack London e in misura minore anche "Il lungo silenzio" di Wilson Tucker io le considero dei veri e propri capolavori.


Prima o poi mi piacerebbe scrivere qualcosa in merito, soprattutto riguardo al romanzo di London, che immagino nessuno conosca, ma che è una perla rara che va assolutamente recuperata e non soltanto se si è appassionati del genere: una lucida, disincantata e ancora attualissima visione di un possibile mondo ritornato allo stato primitivo. E pensare che è stato scritto un secolo fa, ma se non l'avessi saputo non me ne sarei assolutamente accorto. Grande Jack.
Non parliamo poi de "L'eternauta" di Héctor Oesterheld e Francisco Solano Lopéz, che poi mi commuovo. Nella mia top five delle graphic novel da sempre.


Potrei ricordare di quando, appena terminata la lettura dell'Eternauta, un black-out colpì l'Italia di domenica mattina (era il 2003, ndr): stupidamente quel fatto mi colpì, per quanto l'Eternauta mi aveva atto impressione. 

Ma oggi focalizzerò la mia attenzione su due opere che meritano a buon diritto di entrare nel novero dei migliori esponenti del genere. 

In una sola settimana, sono riuscito a gustarmi sia il finale di The Walking Dead, sia quello di The Last of Us.
Pur differenti, entrambe le opere puntano molto sul rapporto praticamente paterno che si viene a creare tra due sopravvissuti ad una tragedia che ha quasi sterminato l'intera umanità.
In un mondo devastato dall'apocalisse (differente nelle modalità, ma simili nei risultati), sia Everett che Joel si ritrovano a dover lottare per sopravvivere e per portare in salvo Clementine, una bambina di otto anni, ed Ellie, una ragazzina di quattordici. 
Sebbene secondo modalità differenti, il rapporto che si stabilirà tra i personaggi è quello tra padre e figlia; in men che non si dica la brillante scrittura e l'azzeccatissima caratterizzazione coinvolgono ad un livello che raramente mi ero trovato a provare in un mezzo di intrattenimento.

Parlo di mezzo di intrattenimento, poiché entrambe le opere si rifanno a due differenti media: The Last of Us può vantare una regia spettacolare e degna del miglior blockbuster, coadiuvato da colonna sonora e doppiaggio d'ecccellenza; The Walking Dead è un degnissimo comprimario della graphic novel omonima, e si eleva di diverse spanne sopra la media della qualità della serie TV targata AMC. 



Ciò che mi piacerebbe rimarcare è che anche opere riguardanti un media considerato dai più immaturo, ignorante e di intrattenimento a cervello spento possa riservare emozioni forti e sincere al livello di altri. Ho visto e letto film e libri molto ma molto più inutili, che non mi hanno lasciato né arricchito neanche di un briciolo rispetto ad un singolo momento in cui Joel ed Ellie cercavano riparo sicuro alla luce del tramonto che illuminava la città in rovina, o che Lee restituiva a Clementine il suo cappellino da baseball perduto facendola sorridere.


Dei finali non parlo, ma li ho trovati davvero ben scritti e realizzati: dolce e malinconico quello di The Walking Dead, duro e d'effetto quello di The Last of Us, entrambi perfettamente a pennello in un mondo senza più speranza, in cui gli uomini, ridotti a seguire il proprio egoismo per sopravvivere, si ritrovano comunque a dover fare i conti con un altro istinto non filtrato dalla ragione: l'amore. 

E se il post-apocalittico non vi piace, gustatevi perlomeno tre brani tratti dalle colonne sonore, che mi sono proprio piaciuti.





Mai aver pregiudizi di genere, non si sa quali perle ci si possa perdere.

Commenti

  1. Non vedo l'ora di leggere i libri da te consigliati, che, a giudicare da quanto letto, sembrano essere davvero interessanti!

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    1. Lieto di aver stuzzicato il tuo interesse! :)

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    2. PS se mai ti interesserà leggere "Il lungo silenzio" sappi che non è affatto facile da trovare. E' stato pubblicato per quanto ne so solo nella collana Urania dopo decenni che non veniva ripubblicato, e i libri della Urania durano in vendita soltanto un mese, e poi li sostituiscono...

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  2. D'accordo in toto e noto che abbiamo gusti simili (in realtà già lo sapevo).
    Per la fantascienza, il post-apocalittico e -almeno per quel che riguarda me- anche e soprattutto il distopico.
    "La Strada" in particolare è nella mia lista già da tempo, ma anche gli altri due mi attirano, devo ammetterlo.


    Comunque, per quanto riguarda:
    "Ciò che mi piacerebbe rimarcare è che anche opere riguardanti un media considerato dai più immaturo, ignorante e di intrattenimento a cervello spento possa riservare emozioni forti e sincere al livello di altri."

    Non avrei saputo dirlo meglio. Questa è una delle cose che ho sempre avuto in mente di trattare su blog ma che non ho mai avuto il tempo di scrivere poiché abbastanza complessa.
    Ci sono "giochi" (alcuni recenti e alcuni meno che mi hanno anche accompagnato durante la crescita) che mi hanno lasciato dentro ben più di quanto potessi immaginare, ben più del semplice intrattenimento. Ci sono tematiche trattate in alcuni che fanno riflettere non poco. Un "gioco" in grado di suscitare queste emozioni/sensazioni non è per niente banale come molti (troppi) pensano.

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    1. "La strada" non a caso ha vinto anche il Pulitzer, cosa che mi sono dimenticato di scrivere nel post. E' un dannato capolavoro, che ti prende a schiaffi il cuore. Se lo leggi in giornate fredde ed uggiose come questa è meglio che dopo torni a dormire e ti svegli il giorno dopo perché sarai triste, molto triste, per il resto della giornata! :)

      Non sottovalutare "La peste scarlatta", è davvero un piccolo capolavoro. Breve, ma intenso.

      "Il lungo silenzio" è leggermente più canonico, ma ti assicuro che riserva sorprese.

      Purtroppo per il videogame, come successe per il cinema e poi per il fumetto, bisogna attendere che venga rimpiazzata la visione attuale da parte della massa,, di opera ancora relegata ad essere "giochino".
      E' ovvio che non stiamo parlando di Dostojevskij, Dante o Raffaello, ma è indubbio che quantomeno un paragone con il media "cinema" si possa fare. E' tanto anormale che la mia TV sia utilizzata più come monitor, che come apparecchio televisivo? E' tanto anormale che io preferisca scegliere di vivere una storia emozionante, scelga di esplorare un altro mondo, scelga di riscrivere le sorti di una nazione, anziché guardare l'ennesimo reality o l'ennesimo battibecco tra politici (per quanto i programmi che trattano di attualità siano gli unici che guardo)?
      E' tanto diverso andare al cinema per guardare l'utlimo blockbuster di Hollywood con gli USA che salvano il mondo, dall'essere al centro di una cospirazione millenaria, o un cavaliere medievale, o un sovrano illuminato che tenta di costruire un impero?

      E' questa forse l'idea che non passa. E' semplicemente diversa la fruizione dell'intrattenimento, passivo vs. attivo. Certo, anche paragonare un media che ha 120 anni con uno che ne ha 30 non è lusinghiero, né giusto: i gusti si evolvono, così come la complessità e la ricercatezza di trame, sceneggiature, personaggi, temi affrontati, possibilità di accedervi e soprattutto tempi di fruizione.

      I classici blockbuster COD-like non so quanto aiutino a far fare questo famigerato passo in avanti, e le campagne antiviolenza assolutamente insulse di alcuni giornalisti contribuiscono a montare il castello di menzogne; fatto sta che già con la nostra generazione che si avvia ai trenta si ha una concezione parecchio diversa rispetto a quando eravamo piccoli.

      Qualcosa si muove insomma, e io ti auguro di avere una carriera davanti che porti il mezzo verso nuovi orizzonti!

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    2. Guarda, mi sa tanto che appena avrò finito di leggere un paio di libri che ho iniziato penso che passerò proprio a La strada. Intanto seguo il tuo consiglio e metto nella lista (che nel frattempo insieme a tutte le altre cose è diventata come i rotoloni regina) anche gli altri :-)

      Comunque no problem, le cose "tristi e cupe" mi affascinano. Chissà iniziare a leggere racconti o romanzi del genere in treno mentre fuori dal finestrino piove ed è buio... :D


      Ritornando al discorso dei videogames.
      Il punto è anche questo: l'"ignoranza" delle persone che criticano e hanno pregiudizi, che non conoscono minimamente tutto l'enorme lavoro dietro alla loro realizzazione. Stesura di trama e sceneggiatura, concept e design, grafica e animazione (nel quale settore ci sono minimo una decina di ruoli diversi), programmazione del codice (ancora peggio, qui probabilmente una ventina), composizione della colonna sonora e via dicendo. A ciò aggiungerei anche l'acquisizione dei diritti per l'utilizzo di questo o quel software.

      E' vero che non si arriverà mai ad un certo livello, questo principalmente per ovvie limitazioni del tipo di media, ma tuttora esistono tanti titoli la cui realizzazione è stata curata maniacalmente in ogni aspetto (ma principalmente per quanto riguarda concept e design del prodotto) e alla cui sceneggiatura magari hanno lavorato anche personaggi per qualche motivo abbastanza famosi o importanti (i primi che mi vengono in mente sono la maggior parte dei giochi LucasArts e "Non ho bocca, e devo urlare").

      Ormai il mercato videoludico, per colpa anche come hai già detto dei vari COD e altri titoli stra-commerciali fatti per vendere "a sacchi", e dei vari TG che incolpano i videogiochi per qualsiasi cosa, è ormai bollato o come "una cosa puerile" o come "il male", e ho il timore che non potrà mai essere considerato di livello superiore, per quanto questo si forzi in tal senso.
      Spero vivamente che tu abbia ragione...

      Grazie. La strada sarà sicuramente lunga e tortuosa ma spero che ne varrà la pena. Sicuramente qui sarà il primo passo, ma si sa che in Italia le software house decenti si contano sulle dita di una mano...andare all'estero è l'unica soluzione.

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